Le proposte del PD sul Dl PA
“Il Disegno di legge “Rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche”, di conversione dell’omonimo decreto, non va oltre la solennità del titolo. Il resto, semplicemente, non c’è”, lo dichiara Stefania Bonaldi, responsabile Pubblica amministrazione, Professioni e Innovazione in segreteria nazionale PD.

“Di rafforzamento, essenziale anche per favorire l’attuazione del P.N.R.R., non c’è traccia in questa legge omnibus, che interviene in modo minimale su molti, troppi ambiti della Pubblica Amministrazione, in modo frammentario e privo di una visione d’insieme.

Soprattutto non sono affrontati tre aspetti cardine, vitali, se realmente si ha a cuore la P.A. che i parlamentari del PD hanno sottoposto alla attenzione delle Commissioni deputate, sotto forma di emendamenti.

È necessario innanzitutto promuovere un Piano straordinario di assunzioni presso le Amministrazioni dello Stato. Oltre un decennio di stop al turn-over, i tetti alla spesa del personale lungamente posti, il nuovo blocco nel periodo Covid hanno stremato le Amministrazioni e determinato un quadro drammatico, specie considerando il medio termine: nel 2026 il personale “pensionabile” supererà 300.000 unità, che diverranno 700.000 nel 2030. Parlare di rafforzamento della capacità amministrativa della P.A. e non imprimere un’inversione di tendenza a questo trend significa condannare l’Amministrazione Pubblica alla frustrazione e i servizi ai cittadini alla inadeguatezza.

Vanno poi adottate misure per consentire i rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, attualmente non previsti nel DEF, nel quale è anzi disposta una contrazione della spesa per il personale della Pubblica Amministrazione, il che significa non solo precludere ulteriori assunzioni, ma anche rimandare a data da destinarsi un adeguamento stipendiale dei dipendenti pubblici. Una necessità ancora più stringente, visto che i dati dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle P.A., l’ARAN, ci dicono che nel decennio 2013/2022 le retribuzioni nel pubblico sono cresciute del 6,7%, a fronte di un 11,6% nel settore privato.

Per questa ragione, ed è il “terzo emendamento bandiera” proposto dal Partito Democratico, va superato in maniera strutturale il tetto al salario accessorio, che mortifica la contrattazione decentrata nella Pubblica Amministrazione, perché ogni nuovo dipendente non si porta con sé, come naturale sarebbe, il proprio “zainetto” di salario accessorio, il cui monte resta invece assoggettato a vincoli di spesa preesistenti e non cresce in misura proporzionale.

Agire sugli aspetti salariali significa rilanciare la capacità attrattiva del Pubblico Impiego, in un momento difficile in cui si registrano fenomeni nuovi e sconfortanti, quali la limitata partecipazione alle selezioni pubbliche e i concorsi “deserti”, specie quando riguardano profili tecnici, architetti, ingegneri, agronomi, geometri, ma anche sul personale educativo e sociale si registra grande affanno.

È sempre più necessario attrarre talenti nelle P.A. e motivare chi già ci lavora perché possa esprimere al meglio le proprie capacità umane e professionali. E’ evidente che questo dipende da un insieme di fattori, la valorizzazione delle competenze, il riconoscimento delle professionalità, le prospettive di crescita e carriera all’interno delle strutture, la flessibilità e il benessere organizzativo, una formazione concepita come effettivo accrescimento delle abilità e non solo in modo adempimentale, tuttavia anche nella P.A. la leva retributiva è un importante elemento di attrazione e di mantenimento del suo “fattore produttivo” più prezioso, le persone.

Le grandi riforme non si fanno con il fondotinta e neppure con le frasi a effetto, ci vuole sostanza, e nelle pagine del provvedimento in discussione è completamente assente”.

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